Siete mai stati studenti universitari squattrinati? Senza un euro in tasca, con i libri da comprare che quegli infami dei prof vogliono controfirmare a ogni esame per impedirti di prenderli usati a meta prezzo? Io lo sono stata e non è divertente come sembra nelle serie americane. Innanzitutto anche se non frequentavo la Bocconi, le tasse universitarie sono un salasso e così anche gli affitti una volta tagliata fuori dalle borse di studio sempre troppo poche e assegnate a caso e poi qui non è che si trovano lavoretti part time a ogni angolo di strada col solito cartello “cercasi cameriera” che sta fuori dalle tavole calde dei film. Prima di trovarmi a dormire in stazione ero riuscita a trovare un impiego come assistente alle aule universitarie, un termine aulico per dire bidello tranne che non toccava a me pulire ma a qualcuno ancora più sfortunato. Dovevo alzarmi prestissimo, aprire tutto, badare che nessuno degli idioti del primo anno distruggesse qualcosa o che il professore ultrasettantenne non facesse saltare in aria il proiettore e poi mi toccava chiudere tutto alla sera. Otto o dieci ore di fila dove poter studiare tra una domanda e l’altra di chi si era perso nel labirinto dell’ateneo e il tutto per una manciata di euro. Sempre maledettamente troppo pochi. C’era una cosa di buono però in quel lavoro, potevo usare tutto il tempo la connessione dell’ateneo e anche i loro computer se non c’era nessuno nell’aula di informatica e anche se erano pc vecchi di dieci anni la linea filava come un razzo. Ogni mattina quindi finché avevo tempo mi piazzavo lì in cerca di un lavoro qualsiasi, spulciando le centinaia di pagine di annunci su ogni sito stile bacheca, le pagine cittadine di Facebook e perfino le discussioni su Reddit di gente che imprecava come me, in cerca di un’occupazione qualsiasi. Fu proprio lì che trovai l’annuncio che faceva per me, la richiesta per una babysitter. Okay, sarò sincera, era l’ultima cosa che avrei mai cercato. Non ero brava coi bambini e la responsabilità connessa al dover badare a un marmocchio mi faceva un po’ paura, ma in quel momento il mio conto era pericolosamente in rosso, il portafogli si era dimenticato che forma hanno le banconote e mentivo a tutti dicendo che non mangiavo a pranzo perché stavo facendo un digiuno yoga. Quindi contattai l’utente dell’annuncio via mail e il giorno dopo lo sentii al telefono. Mi accolse una voce profonda, molto pacata e mi fece delle domande sempre più strane. Voleva sapere se avevo mai cambiato un pannolino o scaldato un biberon e sinceramente mentii dicendo che ero più che preparata. Che stupida. Chiuse la telefonata accordandosi per un colloquio faccia a faccia per il giorno successivo. Mi presentai all’indirizzo in questione vestita da brava ragazza, jeans, maglietta, giubbetto tattico e zainetto con dentro un cambio in caso di vomito o disastri vari. L’uomo mi accolse in un bell’appartamento su due livelli arredato con un gusto anni ’70 con molti mobili laccati neri, squadrati e minimali. Mi osservò dalla testa ai piedi e poi accennò un sorriso trovandomi perfetta per la parte. La parte? Mi chiese di attendere in salotto dicendo che mi avrebbe chiamata lui e mi lasciò con un avvertimento che mi incuriosì e mi mise a disagio allo stesso tempo. “Tenga la mente aperta, non si spaventi, faccia il suo lavoro e sarà ricompensata molto più di quello che ha chiesto”.
Non me lo sarei mai aspettato
Nella mia testa iniziai a immaginarmi il bambino deforme di Phenomena o un figlio di satana tipo Rosemary’s baby o magari uno di quei ragazzini che a 7 anni vanno ancora in giro in passeggino e rompono le palle urlando di continuo nei centri commerciali per avere quello che vogliono. Non sapevo di cosa aver più paura. Poi mi chiamò e mi disse di raggiungerlo nell’ultima stanza in fondo al corridoio. La stanza del bambino era davvero bella e piena di giocattoli e decorazioni infantili, perfino eccessiva. Peluches giganti, una culla grande come un letto e perfino un fasciatoio dove avrei potuto stendermi anche io. Poi capii perché. Una strana voce di bimbo mi chiamò nel bagno adiacente alla stanza e quando entrai rimasi bloccata per un attimo con gli occhi sgranati e la bocca spalancata in una smorfia di stupore che doveva sicuramente sembrare molto stupida. Dentro la vasca posta al centro del bagno tutto arredato sui toni dell’azzurro e panna c’era il padrone di casa, nudo probabilmente ma immerso fino alle spalle nell’acqua piena di schiuma. Mugolava indicando qualcosa che stava lì accanto a me, senza usare parole comprensibili, ma solo teneri versi che sembrava assurdo e disturbante che potessero uscire dalla bocca di un uomo adulto. Ero così sorpresa e confusa che ci misi un po’ a capire seguendo il dito di lui che stava indicando un ciuccio, un vero ciuccio per neonati con tanto di pendaglietto con un sonaglino attaccato. Di fronte ai suoi mugolii capricciosi reagii in modo istintivo credo prendendo il ciuccio e porgendoglielo. Errore. Ne feci molti la prima volta. Lui mi colpì la mano muovendosi a casaccio proprio come un bimbo facendomi cadere il ciuccio. Si mise ad urlare piangendo molto più forte mandandomi ancora più in confusione. Tentavo di calmarlo parlandogli, chiamandolo col nome con cui si era presentato al telefono (che qui non posso mettere ovviamente per rispetto della sua privacy). Continuai a cercare di parlargli in modo normale ottenendo soltanto strilli ancora più acuti e un pianto disperato come solo quello di un bimbo può essere. Presi il ciuccio da terra, lo lavai nel lavandino imprecando contro me stessa per la mia stupida idea di accettare il lavoro e contro l’uomo impazzito che me lo aveva dato, mentendomi spudoratamente su quello che avrei dovuto fare davvero. Un pervertito ecco cosa era! Un pervertito che pensava di poter fare sesso con una babysitter, fingendosi un infante tutto nudo nella vasca! Ma non ci sarei cascata, nemmeno un po’. Non avrebbe potuto certo seguirmi uscendo bagnato da quella vasca, me ne sarei andata via all’istante, era quella la mia idea. Mi girai e gli infilai il ciuccio in bocca con un gesto rabbioso. < Contento? Io me ne vado adesso, non ero venuta per questa…questa…cosa!>. Non sapevo nemmeno come definire quello che stava succedendo all’epoca e non avevo intenzione di scoprirlo. Il viso dell’uomo però mi indusse a fermarmi. Non rispose alle mie parole, non si mise a urlare e nemmeno a parlare in effetti. Mugolò come un cagnolino incassando la testa tra le spalle portando le mani sopra la testa visibilmente spaventato dalla mia voce e dal mio gesto, come un bambino fin troppo abituato ad essere picchiato da adulti rabbiosi. A pensarci bene nulla in quel momento aveva senso ma mi sentii ugualmente in colpa. Era come picchiare un cucciolo con le orecchie abbassate, indifeso e inerme anche se tecnicamente non lo era. Non sapevo che fare e lui mi spiazzò ancora indicando di nuovo il grande ripiano di marmo azzurro in cui era incassato il doppio lavandino con specchiera. C’era un cestino vimini con dentro un delizioso orsetto Teddy con un cuoricino tra le zampe, una confezione di praline al cacao probabilmente fatte a mano e la più generosa mancia che avessi mai visto in vita mia. Ora me ne vergogno un po’, ma in quel momento afferrai i soldi come un rapace e mi girai lo stesso per uscire. Dallo specchio però vidi che l’uomo non si era mosso dalla vasca, non stava nemmeno tentando di seguirmi. Aveva solo abbassato la testa mugolando sommessamente rassegnato a vedermi andar via. Era così triste, mi sembrava così solo e dispiaciuto che mi si strinse il cuore. In fondo sono sempre stata troppo buona. Guardai i soldi ed erano tanti, come aveva detto erano molto più di quanto pattuito per fare la babysitter, eppure era pronto a lasciarmi andare via senza aver fatto nulla. Mi fermai, presi un respiro profondo e mi accorsi che il profumo del bagnoschiuma per bambini era davvero delizioso. Borotalco, il mio punto debole. Mi girai, misi a posto i soldi e mi presi una pralina lasciando che il cacao distendesse un po’ i miei nervi. Il suo viso si illuminò di colpo, sollevo la testa ed era incredulo quasi quanto me. Chissà quante volte aveva cercato una persona che potesse fare questo per lui, quante volte erano scappate via ma io ero decisa a restare, almeno quella sera. Mi tolsi le scarpe, lasciai appeso il giubbetto e mi tirai su le maniche della maglietta e cercai di fare la babysitter. Presi la spugna e iniziai a passarla sul suo corpo. Braccia, collo, sulla testa anche scoprendo che lo faceva ridere ma che, diversamente da quanto promesso dalla pubblicità, anche il bagnoschiuma che non brucia agli occhi in realtà brucia.
Il mio Bimbo Grande
Le sue reazioni erano così buffe, tenere e sincere che pian piano sciolsero il mio imbarazzo. D’improvviso l’uomo compassato con la voce profonda che mi aveva assunta era sparito. Con quello sbuffo di schiuma sul naso e il ciuccio tra le labbra era solo un bimbo, cresciutello magari, ma bimbo. Immersi perfino la mano per passare la spugna sott’acqua in tutte le altre zone del corpo, ma proprio tutte, scatenando altre risatine e sguazzamenti nell’acqua che finirono per bagnarmi da capo a piedi. Non insistetti troppo là sotto perché ero ancora convinta che lui puntasse al sesso e non volevo comunque dargli corda. Una volta sfregato dappertutto però mi trovai di fronte a un bel problema perché non essendo una culturista non potevo mica prenderlo in braccio! Come avevano fatto le altre prima di me? Come se lo immaginava lui? Chiedergli spiegazioni era fuori questione, lui Era il Bimbo adesso, non avrebbe risposto in modo comprensibile. Ci pensai un po’ su e alla fine mi alzai in piedi mettendo le mani sui fianchi. < Qui abbiamo finito, ora però devi uscire dal bagnetto. La tua…uh…tata ti aiuta ma, uh, mi…> esitai <mi fa male la schiena quindi non posso prenderti in braccio> mi chiesi se stavo parlando troppo complicato. Fino a che punto si spingeva la sua immedesimazione? Non ne avevo idea allora ma il Bimbo mi venne incontro. Incespicando un po’, scivolando, aggrappandosi alla vasca si mise in piedi e mi sembrava così realistico quel suo essere incerto e impacciato che mi avvicinai per aiutarlo e controllare che non si facesse male. Lui ne fu felice, rise in modo contagioso e gli feci solletico a un fianco per farlo ridere ancora. <Appoggiati qua> gli presi una mano appoggiandola al bordo della vasca che in quel bagno enorme stava al centro della stanza con tanto di zampe d’ottone come quelle dei film ottocenteschi. Mi girai per prendere l’asciugamano e quando mi voltai di nuovo stava facendo pipì nella vasca con l’aria innocente e soddisfatta di un bambino. Lo sgridai di nuovo così forte che lui si rattrappì di nuovo alzando la mano per proteggersi da me guardando in basso spaventato ma senza riuscire a fermarsi. Storsi le labbra ma mi passò subito. Insomma se fosse stata una cosa puramente sessuale, un inganno perverso come avevo pensato, adesso il finto bimbo avrebbe avuto l’uccello duro come il marmo pronto per farselo succhiare o per sbattermi contro il lavandino e montarmi come una domestica schiava o una sgualdrina in affitto. Invece non era duro, era un pistolino tenero completamente depilato che zampillava pipì senza controllo proprio come un bimbo. Di nuovo sospirai arrendendomi all’evidenza. <Non è nulla dai, però dovremo lavarci di nuovo così> gli dissi aprendo il tappo della vasca per farla svuotare insieme alla pipì. Lui sembrò sollevato e mandò uno dei suoi buffi mugolii mordicchiosi, con il ciuccio in bocca. D’impulso gli diedi un buffetto su quel pisellino dopo che finì di fare pipì e lo feci ridere di nuovo. <Sei un cucciolo dispettoso tu!>.
C’è ciuccio e ciuccio
Trovavo stranamente divertente che non avesse traccia di erezione e rassicurante anche! Col doccino lo sciacquai tutto, da capo a piedi, usando di nuovo la spugna là dove non ero arrivata prima e scoprii che gli piaceva molto quando passavo tra le cosce sull’inguine e tra le natiche sul sedere. Nulla di strano, piace a tutti di tutte le età no? Asciugarlo fu più impegnativo ma fortunatamente collaborò per farlo uscire dalla vasca e si mise docilmente in ginocchio senza che dovessi dirglielo visto che mi passava di parecchio in altezza in piedi. Lo asciugai sulla schiena, sulle braccia, sotto le ascelle. Poi gli frizionai la testa per asciugarla e lui si mise a ridere. <Ti piace sulla testolina? Davvero? Allora fhuufhfufufufufu>. Mi scoprii a fare dei versetti infantili mentre gli sfregavo la testa tirandogli giocosamente le orecchie. Mi stavo…divertendo? Per un attimo mi bloccai di nuovo ma lui sollevò la mano e mi toccò delicatamente un braccio. Con la testa sollevata che sbucava appena dall’asciugamano e gli occhioni spalancati mi ricordò per qualche stupido motivo ET l’extraterrestre. <Assie> mormorò col ciuccio in bocca. Fu l’unica parola comprensibile che disse quella sera, grazie. Nei suoi occhi c’era davvero riconoscenza, gratitudine e una felicità così pura da entrarmi nel cuore convincendomi a restare. <Non c’è di che piccolo> gli risposi e continuai ad asciugarlo. Gli feci le pernacchie sulla pancia e lo pizzicai sul sedere, gli asciugai il pisellino e le palline senza più nessuna vergogna e quando fu il momento lo portai sul fasciatoio (sempre con il minimo indispensabile della sua collaborazione) per mettergli anche il pannolino. A pensarci adesso fu una fortuna per me che non fosse un bambino vero perché feci un disastro coi primi due pannolini decisamente vecchio stile. Mi dimenticai la crema, il borotalco, ogni volta lui mugugnava lasciando a me capire dove avevo sbagliato ma per fortuna imparai in fretta ispirandomi a scene di film e telefilm che avevo visto e a quelle rare volte in cui mi era toccato vederlo dal vivo con amiche o qualche zia alle prese coi figli. Non fu facile non ridere quando gli infilati una tutina da nanna decorata con gli orsetti del cuore formato gigante ma ci riuscii e poi dopo aver abbassato la sponda lo feci stendere nella culla a due piazze. Non era abbastanza lunga da farlo stare disteso ne abbastanza larga da fargli aprire le braccia ma era di certo molto più grande del normale e comunque lui si raggomitolò stringendosi a uno degli orsacchiotti extralarge che la riempivano. Rimasi li ad accarezzargli dolcemente la testa e improvvisai perfino una ninnananna cantando una melodia che in realtà era tratta da un cartone animato della mia infanzia. Ho sempre detestato le parole delle ninnenanne che parlano di uomo nero che ti porta via e di dare un bimbo alla befana e altre atrocità del genere e anche in quel momento preferii non usarle. <Shhh, dormi…la tata tornerà presto> gli sussurrai posandogli un bacio sulla fronte prima di alzarmi. Si era addormentato sul serio con il viso sereno e il respiro tranquillo. Dormiva davvero come un bimbo e non per modo di dire! Tornai in bagno e presi i soldi ma anche le praline e l’orsacchiotto regalo e spensi la luce. Nella stanza da letto lasciai inserita la lucina notturna che proiettava sul soffitto delle tenui stelle danzanti e uscii accostando la porta senza chiuderla per non fare rumore. Attesi per una decina di minuti cercando di capire se a un certo punto si sarebbe alzato per congedarmi ma poi mi accorsi che in mezzo ai soldi c’era un bigliettino scritto a mano in cui diceva esattamente cosa fare: se dovesse riuscire a farmi dormire non si preoccupi di restare oltre. Vada pure a casa, l’allarme si inserisce automaticamente quando la porta di casa viene chiusa. Grazie. Pervasa da uno strano orgoglio per essere riuscita a farlo addormentare per davvero uscii per tornarmene a casa chiedendomi se mi sarebbe mai successo di rivivere un’esperienza così strana.
Un sogno bagnato
Quella notte però mi svegliai nel mio letto dopo aver sognato quella vasca e un putto che zampillava pipì e una montagna di borotalco dove rotolarmi. Mi masturbai con languido abbandono, ripensando a quel pisellino depilato, e quando venni sporcando io il letto come una bambina mi dissi che volevo rivederlo. Dovevo farlo. E lo feci. Per due anni ho continuato a badare al mio Bimbo Grande come presi a chiamarlo allora e quando arrivò il momento di dovergli dire addio perché mi ero laureata e dovevo trasferirmi altrove mi preoccupai di trovare io stessa una sostituta e di spiegarle per bene cosa avrebbe dovuto fare. Mi ero affezionata a lui e pur non avendo mai parlato con nessuno, nemmeno con la mia migliore amica di tutto quello che facevo per il Bimbo Grande, il nostro legame era davvero intenso e lo era diventato in modo del tutto spontaneo e seppure nella sua dimensione bizzarra, naturale. Lui rimase sempre completamente calato nella parte e gli unici momenti in cui mi parlava era per telefono quando c’era da prendere accordi per l’orario. Non fece mai un gesto per pretendere attenzioni sessuali da parte mia ma la pulsione crebbe in entrambi col passare del tempo e quando una sera il suo pisellino zampillò di nuovo pipì mi ritrovai ad accoglierlo tra le labbra suggendolo dolcemente, coccolandolo e lasciandomi pisciare in bocca senza la minima ritrosia come se fosse del tutto ovvio farlo per il mio Bimbo Grande. Gli coccolavo il pisellino e gli accarezzavo le palline e lui si calmava e si rilassava e io un po’ bevevo e un po’ mi lasciavo sporcare la maglietta. Quella notte mi masturbai furiosamente nel letto, lo confesso.
Quel culetto da coccolare
Un giorno scoprii per caso mentre lo ungevo per bene di pasta Fissan che era molto facile scivolare con un dito nel suo sedere unto e tenero. Era deliziosamente rilassato, arrendevole, si fidava così tanto di me che non strinse affatto lo sfintere quando entrai. Gli piaceva ma mai più di un dito, come quando gli mettevo le suppostine se starnutiva e aveva la febbre (saranno mai stati veri malanni? Non glielo ho mai chiesto). Massaggiarlo e coccolarlo in quel modo tenero ed erotico allo stesso tempo divenne un momento imprescindibile delle nostre serate di babysitting ma non andò mai oltre quei giochi innocenti. Lo leccavo, lo succhiavo, mi ritrovai più di una volta a bere la pipì di quel pisellino tenero ma lui non ebbe mai una vera erezione e io non cercai mai di farlo eccitare in modo adulto. Non sarebbe stato giusto, non era quello che voleva e non lo volevo nemmeno io, era il mio Bimbo Grande mica il mio ragazzo! Gli cantai tutto il mio repertorio da patita degli anime, gli comprai perfino dei ciucci personalizzati come regalo di compleanno e quando un paio di volte si dimenticò di lasciarmi i soldi non ci pensai nemmeno e non gli dissi nulla. Insomma, il Bimbo dormiva, non si poteva mica svegliarlo per quello no? I soldi sono per gli adulti, i bambini non devono preoccuparsi di queste cose, avranno tempo per farlo da adulti o da svegli. Sono passati diversi anni ormai ma ogni tanto lo vedo ancora quando torno in città ed ancora come il giorno in cui lo salutai, come se non fosse cambiato nulla tra noi. E’ ancora un segreto di cui sto parlando qui per la prima volta ma tanto nessuno di voi crederà davvero che l’ho fatto e faccio ancora la babysitter per un Bimbo Grande…no?
Puoi approfondire questo Racconto scritto da Dalia codice 226 chiamandola sulla linea erotica di Rubyrouge e sulla nostra categoria dedicata Adult Babies