Un sogno eccitante
Ero nascosta, respiravo appena…non volevo mi trovasse subito… non volevo che Lui notasse il mio imbarazzo, il mio cuore che stava sussultando, il mio calore, la mia ansia…allora mi arrampicai, arrivai al solaio del fienile e mi adagiai tra l’odore inebriante del fieno, chiusi gli occhi e cercai di concentrarmi sui suoi passi lenti… Più si avvicinava quel rumore, più il mio cuore accelerava e il respiro si fermava. Sentivo che lo volevo, lo volevo fortemente dentro di me, volevo sentire le sue turgide labbra sfiorarmi le gambe, sentire il suo calore, l’umidità della sua lingua che saliva, le sue dita che mi sfioravano ovunque…sentivo la pelle d’oca, i seni mi dolevano e sentivo caldo…ovunque… A questo punto mi sfioravo e poi sempre più forte, più violento…il mio fiore intriso di rugiada, che filava come fosse miele… le mie dita sulle labbra da cui succhiavo nettare ancora caldo, saporito…non volevo fermarmi…mi girava la testa…persi i sensi…
All’improvviso il silenzio.
I miei pensieri confusi accompagnavano questo momento, sentii chiamarmi due…tre volte… e poi la sua risata, così come l’avevo memorizzata nei miei occhi… nel mio cuore…
– “Elena lo so che ci sei, sento il tuo odore, percepisco la tua presenza, fatti trovare, fammi catturare la tua sensualità”.
Ma sognavo…ogni singola parola, perché era ciò che avrei voluto dicesse…. e invece no… svegliandomi da questo torpore realizzavo di trovarmi nel fienile e fuori la nonna che continuava a chiamarmi a squarciagola…
Cercai di darmi una sistemata, ero sudata, avevo i capelli arruffati, il vestito bagnato… spostai tre balle di fieno, dovevo dare l’idea di essere stata all’opera, dovevo giustificare il mio rossore sul viso.
Quindi la raggiunsi, ansimando come se avessi trasportato un carico da soma, ma dentro ero ancora tutt’un fuoco…
Una sorpresa sgradita…
– “Ma dov’eri finita, è un’ora che ti cerco, devi andare a fare una cosa per me. Tieni i soldi, devi andare alla bottega del Signor Chiellini, devi prendere tutto il necessario per la cena di stasera, abbiamo ospiti, lo sai che vengono i Signori Martinez con il figlio, sai quello che si è appena laureato in filosofia. Lo conosci, ci giocavi insieme quando venivi da piccola”.
Come no? pensai…. avevamo io sette e lui dieci anni…. Giorgio, questo il suo nome, aveva gli occhiali così spessi che non percepivo nemmeno il colore dei suoi occhi e poi…come dimenticare le sue lucertole che dal barattolo finivano nella mia testa…o quando svitò tutte le luci e mi rinchiuse nella cantina al buio…e quando entro in bagno e mi nascose i vestiti… potrei continuare all’infinito, solo al pensiero di rivederlo mi metteva i brividi, quindi balbettai soltanto qualche sillaba.
– “si…siii. non…na”.
La nonna mi guardò stralunata, non capiva e tornò in casa borbottando sui giovani di oggi, sulla loro stranezza.
Quel pomeriggio di agosto passò in fretta, così come avrei voluto finissero quei giorni. Ero stanca della campagna, desideravo ritornare alla mia vita, alla mia libreria, ai miei studi e ai miei sogni…
Aiutai la nonna a preparare tutte le prelibatezze che si era decisa a portare in tavola, doveva fare bella figura per poter attrarre i Martinez, le servivano i loro soldi per il galà di beneficenza. Un grande evento che si teneva tutti gli anni alla tenuta.
Poi, dopo essere andata a vestirmi, uscii fuori. Era quasi tramonto e mi sedetti nella panchina accanto alla fontana, accarezzavo le papere, dando loro del pane. M’inteneriva il loro verso, sembrava mi stessero ringraziando.
…che si trasforma in pura sensualità
Il vento dominava, i miei capelli ballavano al suo soffio e fu allora che lo vidi.
Il più bel ragazzo che avessi mai visto, avete presente quelle statue altissime di nudo, che vi emozionate solo a guardarle? ecco questo era… ma chi era?
Pensai a cosa dire, si stava avvicinando verso di me, con un sorriso di sfida, di chi sapeva… cazzo, pensai, sa chi sono, eppure io non avevo davvero idea di chi potesse essere…
Mi guardai attorno, speravo ci fosse la nonna ad anticiparmi, invece il nulla: dovevo arrangiarmi!
Pensai, ora gioco d’anticipo, salutandolo…no, meglio di no…aspetto che si presenti, in fondo è lui che sta venendo qui, ma…mentre mi facevo tutte queste seghe mentali, notai che era scomparso, mi girai a destra e a sinistra non vedendolo più e quasi mi sentii sollevata, ma nello stesso momento ero dispiaciuta, perché era davvero molto bello, mi sarebbe piaciuto capire chi fosse.
Decisi di entrare in casa, affrettai il passo e più mi avvicinavo, più sentivo il chiacchiericcio di mia nonna e delle voci estranee ridere di buon gusto. Mi lasciai la porta alle spalle, entrai nel grande salone e fu lì che incontrai per la prima volta i suoi occhi, mentre il suo sorriso appena accennato stava già facendo capolino dentro di me.
Vecchi amici…nuovi giochi
La nonna sorridendo fece un cenno e mi presentò.
– “Carla e Francesco carissimi, vi ricordate di mia nipote Elena? adesso è una donna e una grande studentessa di antropologia alla Sapienza di Roma… vieni Giorgio, ti ricordi? suvvia, giocavate sempre insieme”.
In quell’istante morii…sentii il mio viso un fuoco… lui era l’adone che avevo visto in giardino, il bronzo di Riace che mi aveva destabilizzato…poteva mai essere il tipo di dieci anni che mi faceva tutti quei dispetti? quello che mi aveva vista in mutande, che mi aveva rubato i vestiti? Oddio che vergogna! Magari anche lui starà ricordando e dentro di sé starà ridendo di me…aiutooo!!!
Ad un certo punto , credo si sia reso conto del mio imbarazzo e guardandolo meglio anche lui lo era, forse stava ricordando i suoi improponibili occhiali, quindi decisi di sfoderargli uno dei miei sorrisi per alleggerire la tensione. Ovviamente si iniziò a parlare tutti dei vecchi tempi, di quando noi eravamo cuccioli e io non riuscivo a togliere i miei occhi dai suoi, ero affascinata dalla sua voce che nulla aveva a vedere con quel bambino di quindici anni prima, sentivo la necessità di ascoltarlo e ascoltarlo e… ascoltarlo ancora, ero inebriata del suo profumo, ero perduta nei suoi discorsi… Era colto, interessante, e stranamente umile e io ero già su un altro pianeta.
Ad un certo punto, fu la nonna a riportarmi sul pianeta terra, chiedendo a me e Giorgio di andare a fare un giro, si vantava con i genitori di quanto io fossi capace nell’aiutarla nei campi, con le viti, di quanto fosse importante il valore del suo vino, insomma, ci guardammo e lui esclamò:
– “Perché no Elena, dai, ritorniamo a quindici anni fa, quando ti rincorrevo nei filari o nel fieno per farti vedere le lucertole” .
E rideva … e come rideva. in fondo era ciò che volevo, lo avevo desiderato tutta la sera, poterlo avere a due centimetri da me…
La sfida
Iniziammo a passeggiare, parlavamo delle nostre vite, dei nostri interessi, del mio mancato fidanzamento e del suo quasi matrimonio, che stava addirittura abbandonando gli studi… della sua passione per le lumache. In famiglia avevano un terreno nelle vicinanze e lui aveva creato diversi allevamenti di specie diverse.
Anch’io mi ero aperta, sebbene spesso pensassi di non avere una quotidianità così brillante, ma più parlavo, più lo sentivo sempre più vicino.
Adoravo la sua voce, volevo che non smettesse di parlare, mi eccitava il suo timbro, mi piaceva la sua cadenza così calma e affascinante.
Ero emozionata e il fuoco dentro di me stava divampando, ormai era un incendio indomabile, la salivazione si era azzerata, ma avevo paura se n’accorgesse e magari ridesse di me. E non potevo permettere che accadesse.
Allora lo sfidai.
– “Dai, facciamo come hai detto tu Giorgio, rincorrimi come quando avevi dieci anni, vediamo se riesci a prendermi”.
E corremmo… corremmo come se si stesse svolgendo la corsa campestre del paese… a volte mi giravo e i miei capelli volavano e, tutte le volte, scorgevo il suo sorriso su di me…
Una corsa a perdifiato
Arrivammo sul campo, le balle erano già sistemate, c’era poco fieno in giro, ormai l’estate era agli sgoccioli e si sentiva anche dall’aria fresca, un po’ pungente…
Io non sentivo freddo, anzi con la corsa ero abbastanza accaldata, ma c’era qualcosa di più forte che manteneva costante questa caloria sulla mia pelle: la presenza di Giorgio.
Lo guardavo meglio adesso, con la luce della luna e la penombra creata dalle luci dei magazzini. Vedevo i suoi capelli sul lungo, spettinati dalla corsa e i suoi immensi occhi cielo, aveva la pelle chiarissima ed era altissimo.
Aveva le mani sulle sue cosce e respirava affannosamente, io ero presa da lui, in maniera davvero assurda. In fondo era per me uno sconosciuto, ma mi piaceva questa sensazione, era molto intrigante.
A quel punto, mi guardò e sorrise. io lo assecondai sorridendogli, ma non contenta con uno scatto mi rimisi a correre.
Conoscevo molto bene quei campi, ogni estate andavo ad aiutare la nonna nel suo lavoro, c’era sempre molto da fare e io ne approfittavo per beneficiare del sole e del lago e staccare un po’ con la città.
– “Ah sì, non sei ancora stanca? adesso ti faccio vedere io, appena ti prendo”, mi disse con aria canzonatoria e di sfida.
Ad un tratto, era vicinissimo e io correvo sforzandomi di aumentare la velocità, mentre gli ripetevo:
– “Non mio prendi, io sono più veloce di te”.
Ridevo, perché ero felice, pervasa di emozione: non c’era alcun altro posto dove io volessi stare!
Toccami
All’improvviso, però, persi l’equilibrio e caddi a terra, ma non sentivo nulla se non il mio respiro, quindi mi girai e chiusi gli occhi.
Giorgio arrivò concitato, preoccupato, mi accarezzò il viso, pensava stessi male. Chiamò il mio nome con dolcezza, chiedendomi come stessi e io aprii gli occhi e gli sorrisi.
– “Sto bene, adesso sto bene”, gli dissi ansimando.
E continuai a guardarlo negli occhi, non dicendo più nulla, non avevo più parole, ero emozionata, lo avevo così vicino per come avevo desiderato tutta la sera.
Anche lui non disse altro, i nostri respiri erano un’unica sinfonia e la musica delle nostre emozioni stava prendendo il sopravvento. Eravamo tra due balle di fieno e lui era accanto a me, con gli occhi tra i miei, aveva afferrato la mia mano per la paura che mi fosse successo qualcosa e non me l’aveva più lasciata. Sentivo pulsare la vena del suo polso, i suoi battiti erano a mille e dentro di me ormai ogni centimetro lo desiderava.
Allora sentii la sua mano afferrarmi leggermente la caviglia e sentii le sue dita salire sulla mia gamba. Ero pietrificata ed avvertivo la pelle d’oca, lo guardavo e mi mordevo le labbra, lui aveva capito e mi aveva abbracciata forte, come fosse l’ultimo.
Bagnata, eccitata e pronta a tutto
E poi iniziò a baciarmi dolcemente, piano, a più riprese, sentii la sua lingua cercare la mia e mordermi piano tutte le labbra, si sentiva che mi voleva, si sentiva cazzo…
Allora riprese da dove si era fermato e le sue dita iniziarono a salire, erano sulle mie cosce e diventarono mani, meravigliose grandi mani che mi sfioravano dalle gambe alle cosce, mentre mi baciava fortemente, con passione.
Le sue mani oltrepassarono il mio vestito, e raggiunsero i miei slip e da come erano bagnate, Giorgio capì quanto fossi eccitata, perché il suo sguardo me lo fece capire…
E io annuii.
Allora con uno scatto me le strappò e cominciò a massaggiarmi con tutta la mano la figa, stimolandomi con un dito il clitoride, poi infilò le sue dita… uno alla volta e, il tempo di guardarmi e sorridermi, e la sua lingua era tutta dentro di me.
La muoveva con maestria, spingeva a fondo, la metteva tutta dentro, ci sapeva fare eccome! mi leccava e con le labbra mi mordeva e succhiava e… io non capivo più nulla… io godevo come se non ci fosse un’altra volta, ero in un’altra dimensione, e godevo…godevo…e orgasmo fu e mi sentivo alle stelle.
Ma non era finita! Mi persi nei suoi occhi e capii che era solo l’inizio….
Un orgasmico 69
Mi sfilò pian piano il vestito e mi guardò tutta, come se volesse memorizzare ogni centimetro del mio corpo, sfiorò la mia pelle, mi tolse il reggiseno e toccò i miei seni, i miei capezzoli erano turgidi e vogliosi, infatti iniziò a succhiarli sempre più forte, allora io ebbi il bisogno di toccarlo, volevo sfiorare la sua pelle, baciarlo ovunque… decisi di assecondare il suo corpo che aveva degli spasmi al passaggio delle mie labbra e della mia lingua. Mi misi in posizione sessantanove e con le mie mani, iniziai a massaggiargli i testicoli e con le dita a sfiorargli il pene… tra le mie dita si faceva sempre più duro, le mie labbra lo sfioravano, baciando la sua punta e sentivo i suoi spasmi; lo stringevo tra le mani prima piano e poi forte e sentivo quanto gli piacesse e con la lingua facevo movimenti rotatori, mentre lui mi allargava con le dita la figa e mi infilava la lingua, tutta in fondo, cazzo che momento, l’eccitazione a palla…
Allora mi alzai e mi misi seduta su di lui e iniziai a strusciare la figa sul suo pene, mentre continuava a succhiarmi i capezzoli. A quel punto il suo pene era alle stelle e fu dentro di me e io spingevo…spingevo come non mai, lo sentivo forte e grosso. E’ più godeva, più forte mi succhiava i capezzoli e con il dito mi stringeva il clitoride, poi mi metteva due dita nel sedere e io continuavo a spingere… il suo pene pulsava dentro di me, era caldo e io lo volevo sempre più forte.
Eravamo così eccitati e vogliosi l’una dell’altro che sembrava non ci fosse mai fine…
Stava per avere un orgasmo, così io uscii e glielo presi in mano e con la bocca continuai a succhiarlo forte. Lui penetrava a fondo con la lingua nella mia figa, mi mordeva il clitoride e mi sfondava con le dita e il suo pene lo sentivo in gola…
E orgasmo fu.
E ancora più a fondo…
E fu più forte del primo, infinito, perché Giorgio continuava senza fermarsi, perché era eccitato e…. Giorgio stava bene, stava godendo e io mi sentivo di dominarlo, stava bene grazie a me, alle mie labbra…allora continuai sino a che non sentisse la necessità di venire…e quindi sentii fortemente il suo calore e il suo sapore, ingoiai il suo seme, mentre stringevo il suo pene e lo sentivo schizzare nella mia bocca. Presi le dita della sua mano, me le misi in bocca succhiandole, gli presi il polso e gli feci mettere le mani sui miei capezzoli, avevo tutto il suo sapore addosso, ed ero eccitatissima, non mi bastava e nemmeno a Giorgio…
Il suo pene schizzava ma era ancora duro. Giorgio mi guardò e mi penetrò ancora a fondo, con fermezza, mentre mi sussurrava che voleva fossi sua, tutta la notte… mi rigirò, mi aprì le cosce e mi penetrò dominandomi mentre mi mordeva le orecchie. Entrava e usciva ed era ancora durissimo…si strusciava nel mio sedere… così mi mise a pancia in giù, si abbassò e cominciò a spingere dentro il mio culo la lingua mentre con le dita mi sfondava la figa.
Mi girava la testa, quando il suo pene penetrò il mio sedere e con la punta entrava ed usciva, era delicato, tenero…. mi sedetti su di lui e spingevo. Era bellissimo perché mentre mi penetrava il culo, le sue dita toccavano la mia figa e con le labbra mi succhiava forte i capezzoli.
Inondata del suo seme
La sua eccitazione continuava e si sentiva, il suo pene pulsava, era caldo e durissimo, lo sentivo dentro di me in tutta la sua grandezza e lunghezza. Mi rigirò, mi penetrò di nuovo nella figa e iniziò a scoparmi prima piano e poi fortemente tenendomi le braccia bloccate… poi mi abbracciava, mi sfiorava e mi abbracciava, mi guardava, sorrideva e mi baciava…
Avemmo un orgasmo insieme, stavolta venne in figa e io lo sentii davvero fortemente mio… Mi guardò e non ebbe fretta di uscire.
Restò così, continuando a baciarmi il viso, il collo e le labbra per un po’…
Mi sentivo sua e lo sentivo mio… ero grata per questo e sarei potuta morire così perché era tutto ciò che desideravo.
Adesso non avevo più tanta fretta che finisse l’estate.
racconto di Elena 176 . Chiamala allo 0695541845 oppure all’ 899622217