Era la notte di Halloween e Sara si stava dirigendo a una festa in maschera fuori città, guidando lungo una strada desolata. Il suo costume da strega era perfetto, con un mantello nero che sventolava, lasciando intravedere il suo corpo. Le aspettative della ragazza per la serata, il corsetto stretto e la scollatura esagerata mettevano bene in risalto la sua sesta abbondante. Lo spacco estremo sul fianco della lunga gonna a sirena, terminava proprio sotto l’inguine, permettendo a chiunque di vedere la lunga linea nera della calza autoreggente percorrere le sue bellissime gambe e… quella balza di pizzo sarebbe stata meta ambita di molti maschi alla festa. Le luci della città si erano ormai affievolite, lasciando solo il pallido candore della luna a illuminare il suo percorso.
A metà strada, l’inizio di un temporale si stava preannunciando con lampi in lontananza e le prime gocce iniziarono a bagnare il parabrezza. Nemmeno il tempo di azionare i tergicristalli che iniziò a piovere abbondantemente e l’auto cominciò a fare rumori strani. Prima che potesse capire cosa stesse succedendo, il motore si spense del tutto. Sara scese dalla macchina, cercando di mantenere la calma. Notò un cimitero poco distante e pensò di andare a chiedere aiuto.
Avvicinandosi al cancello arrugginito, vide un uomo. Il custode del cimitero era un tipo strano, con un viso scavato e occhi che sembravano troppo profondi, un aspetto lurido. Un uomo bassoccio, barba incolta, capelli lunghi unti e fortemente stempiato. Pantaloni e camicia sporchi di terra, erba e Dio solo sa cos’altro! Emanava un odore acre, un misto tra sudore, tabacco da pipa e piscio.
“Posso aiutarla?” chiese con una voce che mandava brividi lungo la schiena di Sara.
“Ho bisogno di un telefono, la mia macchina è in panne, e il mio cellulare morto” rispose lei.
Il custode annuì lentamente. “Vieni, possiamo usare il telefono nella cappella.”
Sara lo seguì attraverso le lapidi, cercando di non fissare troppo a lungo i nomi sbiaditi e le date incise sulle pietre. Appena entrati nella cappella, Sara ebbe l’impressione di trovarsi in un incubo uscito dalle pagine di un romanzo alla Stephen King. Il luogo era palesemente abbandonato e Sara non riusciva a smettere di chiedersi a cosa servisse un custode lì. Non vi entrava un’anima da secoli ma forse era un deterrente per le coppiette un pochino più sfrontate e in cerca di qualche emozione nuova. Il custode si fece più insistente nel cercare informazioni da Sara: da dove venisse e dove fosse diretta ma la ragazza mantenne un atteggiamento freddo dando risposte vaghe, cercando nel frattempo di ricordare un numero utile.
“Cazzo non mi si poteva scaricare il cellulare in un altro momento?”
“Che cogliona, se non mi fossi scordata il carica batteria!”
La ragazza si accorse solo in un secondo momento che il custode armeggiava con la porta della piccola cappella: udì il rumore della serratura gracchiare un “crapt” alla chiusura forzata con la chiave arruginita. Il panico la pervase. Immediatamente cercò una via di fuga ma il sudicio custode la blocco afferrandola per i capelli
“Stai ferma, non puoi uscire, non ora! Non ti farò del male, sta buona”
Sara non ascoltò una sola parola dell’uomo. Voleva solo adar via da quel posto e, in preda al panico più totale, riuscì a liberarsi. Colpì il custode con un candelabro impolverato presente sul piccolo altare ed egli rimase stordito per qualche istante. Il tempo necessario a Sara per utilizzare lo stesso candelabbro contro una finestrella, montare su una panca e sgattaiolare fuori.
Un suono inquietante riempì l’aria. Terrorizzata Sara iniziò a correre per i vialetti del cimitero, tra fango erba e ghiaia. Un tacco le si ruppe facendola cadere e rallentando così la sua fuga. Le lapidi cominciarono a tremare e dal terreno umido emersero scheletri e zombie. Le mani ossute uscivano dal suolo e Sara trattenne il respiro, mentre il terrore le attanagliava il cuore.
“Corri! Corri!” urlò il custode con un sorriso malefico ma Sara non aveva bisogno di nessuna esortazione. Intenta a rialzarsi, si rese conto che quelle… cose… erano troppo vicine a lei… cercò di sfuggire, zigzagando tra gli zombie che vagavano lentamente. Le loro mani scattanti cercavano di afferrarla e il suo cuore batteva all’impazzata.
Le tombe si aprivano una dopo l’altra, rivelando scheletri avvolti in sudari logori.
Sara fu aggredita da questi esseri, buttata in terra e finì quasi dentro una delle casse da morto aperte. Venne afferrata alle caviglie da uno di loro, mentre altri le si accalcavano addosso; ossa e unghie affilate la graffiavano e, come un branco di animali, le strapparono il vestito, lasciandola con lembi di stoffa sparsi lungo il corpo. Più Sara urlava, più ne arrivavano! Ormai era circondata e tutti le stavano addosso, accalcati, affamati con quelle bocche schifose sulla pelle. Sentiva le loro mani toccarla, masturbarla, palparle le tette che tanto metteva in mostra fiera. Lingue che percorrevano le sue cosce, salendo dalle caviglie in un groviglio di corpi su di lei pronti a farle ogni cosa. Sara si sentì penetrare, in lacrime trattenne il fiato, l’urlo le morì in gola, mentre veniva fottuta da questi mostri. Sentiva la differenza dei cazzi che le si ficcavano dentro con prepotenza, li sentiva scivolare dalla figa al culo. Mentre qualcun’altro si affrettava ad entrare nel primo buco libero. Una gangbang tutta per lei l’aveva sempre desiderata, ma non esattamente così! Lei che voleva essere scopata in branco, magari da qualche bel maschio mulatto, anche se non disdegnava affatto un bel nero super dotato! Lei ne voleva tanti, lo avrebbe voluto quella sera alla festa! Festa a cui non era arrivata mai. Di certo ad un’altro tipo di festa stava partecipando e ne era la regina.
REGINA DELLE TENEBRE, Troia delle tenebre, usata da tutti i non morti di quel campo santo, sborrata in ogni punto. Ormai giaceva in una grossa pozza di sperma, sfinita da tutti coloro che, una volta soddisfatti, si accasciavano lì in terra per dare spazio ai prossimi.
Il delirio ando avanti per ore, possiamo dire tranquillamente tutta la notte, finchè Sara riuscì a sollevarsi da tutti quei corpi appagati alla grande. Scalza s’incammino furtiva.
Raggiunse il cancello con il fiato corto e sentì il custode ridere alle sue spalle.
“Non puoi scappare così facilmente!” gridò.
Con un ultimo sforzo, Sara si fermò e tornando sui suoi passi andò verso il custode, che vide palesemente arrapato. La sua faccia da porco era ancora più evidente con il cazzo di fuori, duro e gonfio, in attesa delle attenzioni di Sara, che se ne prese cura, senza nemmeno rendersene conto. Solo allora Sara comprese quanto tutte le cose assurde della notte le fossero davvero piaciute! Chiavare con quel lurido maiale la eccitava… succhiò quel suo cazzo tanto da sbrodolare saliva densa che pareva sborrare dalla bocca, mentre accovacciata, si masturbava la figa con vigore…
“Lo vuoi un po’ dentro vero troia?” disse l’uomo e lei senza staccarsi dal cazzo mosse la testa su e giù, mugolando con il cazzo in gola:
“Si che lo vuoi! Girati che te lo sbatto dentro!” Lo sentì entrare e pompare, mentre lei gemeva come una cagnetta in calore. Sentì l’ennesima sborrata riempirle l’utero ancora una volta. Stravolta si diresse verso il cancello, lo spinse con tutte le sue forze e se lo chiuse alle spalle, tagliandosi via da quel luogo infernale.
Trovò rifugio nella sua auto abbandonata e, con mani tremanti di quel misto di incredulità, paura, stupore e… sì diciamolo pure, eccitazione, riuscì a far ripartire il motore. La strada davanti a lei sembrava infinita, ma Sara non si fermò finché non fu a casa.
Quella festa in maschera, pensò, non era più così attraente.
Aveva ottenuto molto di più in quel cimitero dimenticato da Dio.